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Abuso di Internet: addiction o modernità?

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Le attività online sono diventate una parte integrante della nostra vita quotidiana. È impossibile evitarle, il nostro alter ego virtuale è parte della nostra vita reale e dell’identità personale.
Considerata la velocità con cui la tecnologia moderna si sviluppa, è necessaria un’analisi del fenomeno che secondo alcuni è definibile come dipendenza da internet… ma possiamo realmente parlare di internet addiction, oppure si tratta di un problema vecchio con sembianze “nuove”? La questione è aperta.

L’accesso ad internet

Parallelamente alle nuove tecnologie, internet ha rimodellato e migliorato molti aspetti della nostra vita, integrandosi con la quotidianità. La rete è diventata più accessibile, offre svariati servizi e il suo utilizzo è in aumento a qualsiasi età. Il 46% circa della popolazione mondiale è connessa: una cifra incredibile se paragonata con l’1% del 1995. L’Europa ha un accesso medio ad internet del 86,8%, l’Italia del 92,4%.

Uso di internet e dipendenze

Non c’è accordo internazionale tra gli studiosi in termini di “internet addiction”. Anedotticamente, uno dei primi casi segnalati è quelli di una donna di 43 anni, che nel 1996 era dipendente dalle email, arrivando ad aggiornare compulsivamente il proprio client di posta per un tempo complessivo di 60 ore a settimana (Young, 1996).
Poco più tardi, è apparso uno studio che raccoglieva 600 casi di persone che soffrivano di problemi durante la loro “vita offline” (Young, 1999).
Da allora fino ai nostri giorni l’attenzione nel migliorare definizione, individuazione e trattamento dei casi di dipendenza da internet si è spostata da attività come email, chat e messaggistica fino a interazioni su social network, giochi di ruolo o d’azzardo, siti pornografici.

Per semplificare le cose, possiamo dire che la “internet addiction” si configura come uno *stato patologico legato all’indugiare eccessivamente in attività legate alla rete*. Non c’è alcuna precisazione ulteriore in termini di quantità di tempo né sul tipo di interazione.

Tra uso e abuso

Per comprendere la natura clinica dell’abuso e la sua diagnosi, è necessario focalizzarsi sulle questioni psicologiche di fondo.*L’uso compulsivo di internet consente la fuga dai problemi (reali o percepiti)*. L’interazione anonima allevia il senso d’inadeguatezza, che è caratteristico delle personalità sensibili alle dipendenze (Hall & Parsons 2001). Se gli adolescenti di 20 anni fa potevano trovare in poesia, musica, sport lo sfogo per esprimere bisogni ed emozioni, ora spesso ci si sposta su attività online che compensano le mancanze del senso d’identità.

Esistono chiaramente caratteristiche specifiche legate al tipo di attività online preferita. Nel gaming l’anonimato permette a persone altamente ansiose di compensare la solitudine attraverso la socializzazione del gioco. Le persone con fobia sociale maggiore finiscono per vivere la forma di interazione dei social network più accettabile, grazie al grande controllo che si può esercitare sulla propria immagine, a quello che si può dire/tacere e mostrare/nascondere, nonché al minor rischio di giudizi negativi. La pornografia online infine gode di vasto abuso grazie ad accessibilità, economicità e anonimato, configurandosi come una delle dipendenze comportamentali più simili a quelle da sostanze.

Tra patologia e normalità

L’abuso di internet viene descritto da alcuni come disturbo psicopatologico, mentre per altri è solo un aspetto inevitabile della modernità attuale. Nel primo caso, esistono tre modelli di riferimento “classici”: disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo legato al controllo degli impulsi oppure dipendenza comportamentale paragonabile a disturbo da abuso di sostanze.

Nel secondo caso, si preferisce identificare nella internet addiction non tanto un comportamento di dipendenza quanto una strategia compensatoria. Secondo Kardfelt-Winther (2014), rifugiarsi online permette di alleviare le sensazioni negative suscitate dalla propria vita “reale”. La mancanza infatti di stimoli sociali in carne ed ossa creano i presupposti per indugiare in social network o gaming. Le conseguenze positive o negative dipendono sia da quanta compensazione si cerca, sia dalla capacità di reagire agli eventi negativi che hanno originato l’abuso iniziale.
Questa lettura possiamo dichiararla quella prevalente tra gli studiosi e anche la più recente edizione del manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, 2013) ha escluso dalle sue pagine il cosiddetto “Internet Addiction Disorder”.
Dal momento in cui internet è diventato una parte ubiquitaria della nostra vita quotidiana, i sintomi e i comportamenti associati alla dipendenza da internet possono essere interpretati come un cambiamento del modo in cui i giovani si divertono o comunicano tra loro. E se, come suggeriscono Smahel e colleghi (2008), ciò che i ricercatori interpretano solo come un comportamento patologico, non fosse altro che un nuovo modo di vivere?

Rif: http://www.psychiatria-danubina.com/UserDocsImages/pdf/dnb_vol29_no3/dnb_vol29_no3_260.pdf

di Sergio Cattani

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